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Lettera a Carlo Macchi

02-06-2019 14:21 - News Scherma


Mi rattrista oggi non poter essere personalmente qui. Mi devo accontentare di essere solo una voce, come un narratore di un romanzo in terza persona, ma con la ferma convinzione che con questa mia voce io possa stringermi a Voi nel ricordo.
A noi tutti che oggi, nel dolore, siamo qui riuniti. Ed è proprio da qui che voglio partire, da queste parole < A noi, A voi>, perchè da qui tutto ha avuto inizio.


Vogliate perdonarmi ma non ricordo più quale gara fosse, saranno passati più di dieci anni. Ricordo però chiaramente che quell'assalto lo stavo perdendo. 12 a 5. Quasi irrecuperabile.
Non era certo una novità per il sottoscritto. Lo sa bene chi mi conosce. Ciononostante la resa non era un'opzione. Il mio Maestro da fondo pedana chiese tempo e fermò l'assalto; poi mi si accostò e domandò:
,
, risposi io. Sorrideva e mi guardava fisso negli occhi.
< In quarta>, seguii.


Allora chiese al giudice se potessi staccarmi trenta secondi dal rullo.
Mi prese e mi portò di fronte ad una porta dietro di noi e mi chiese se fosse aperta o chiusa.
Allungai una mano sulla maniglia e spinsi.
< è chiusa Carlo> dissi.
< Prova a passarci> disse lui. Replicai.
Insistette.
Un attimo dopo fui costretto a sbattere contro la porta.

Le cavazioni che seguirono non mi garantirono la vittoria. Ma lui fu contento lo stesso.


Racconto spesso questo aneddoto e lo faccio con la leggerezza di chi sta cercando di strappare un sorriso. Tuttavia negli anni che sono trascorsi da quel giorno, l'episodio ha assunto via via un significato sempre più profondo ed intimamente diverso. Quella volta Carlo mi avevi insegnato che se le cose non vanno nella giusta direzione è da folli mantenere lo stesso atteggiamento. Bisogna avere la capacità di cambiare. Cambiare per il meglio. Accettare l'errore, neanche esser troppo severi con se stessi, ma perseguire il miglioramento. Acquisendo coscienza.

Posso quindi confessarti Maestro mio, che ora ogni qualvolta mi trovo di fronte ad una decisione da prendere, specialmente se questa si rivela poi essere quella sbagliata, mi torna in mente quel giorno. Questa volta però non vado a sbattere contro la porta. Ho fatto tesoro della lezione che mi hai dato. E come mi hai insegnato a cambiare, mi hai anche insegnato a non arrendermi e non cedere: perchè la vita, un pò come un assalto, << è un grappolo d'uva, non finisce finche non cogli l'ultimo acino >>.

Ed anche questa metafora è tua. Permettimi però stavolta di dire la mia. Anzi forse parlo a nome di tutti. E voglio contraddirti. La vita Carlo non finisce con l'ultimo acino. Nel tuo caso, il tuo grappolo ha dato ben altri frutti. Dal tuo vino (che tanto ti piaceva!!), da quella tua linfa vitale sanguigna, nasce un'intera vigna!

Il tuo coraggio, la tua passione, la tua umanità, l'umiltà e l'amicizia, trovano in noi tutti un terreno fertile dove germogliare e fiorire. Ed anche se oggi scorgerai sul nostro viso una lacrima a solcare il volto, io ti prometto, anzi noi ti promettiamo, che non una singola goccia dei tuoi insegnamenti, di quella umanità, di quella generosità - la più nobile e sublime – che solo in se stessa sa compiacersi senza null'altro aspettarsi in cambio, del tuo forte spirito, del tuo amore così vividamente impresso in ogni tuo gesto durante questa vita,
Non una singola goccia andrà mai versata, Ma come sangue continuerà a scorrere nelle nostre vene, a dar gioia ai nostri cuori, scolpita nella memoria, viva nei nostri gesti.

Grazie Carlo. Di cuore.
Tuo, Andrea

.


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